martedì 26 febbraio 2013

Preparativi


Casa. Ogni volta che lo vedeva, era sempre la prima parola che gli veniva in mente, una delle tante cose che aveva in comune con il suo peggior nemico; per lui, che aveva passato un infanzia che definire difficile era dire poco, quel castello aveva sempre fornito un riparo, gli aveva permesso di trovare degli amici, di entrare veramente per la prima volta nel mondo che gli apparteneva, quello in cui era destinato a vivere.
Le sue stranezze, i suoi pericoli, erano sempre stati per Harry qualcosa con cui convivere, capiva infatti che senza di esse non sarebbe stato il castello di Hogwarts. 
Si era lasciato trasportare dalle emozioni, capitava spesso in quei luoghi, ma adesso sentì l’urgenza del momento, quel viaggio non era certo di piacere, doveva fare qualcosa che non avrebbe mai pensato di dover fare.
Vide dall’altro lato del cancello che arrivava qualcuno, non ci mise molto a capire che era il preside, non poté fare a meno di sorridere, quanta strada aveva fatto...
“Il capo dell’ufficio Auror, non sono abituato a ricevere visite così importanti”, scherzò, “a cosa devo questo assai tardo piacere?” Harry sorrise suo malgrado, le stesse parole di un altro grande preside..
“Neville, per quanto sai quanto mi piaccia tornare nella mia vecchia scuola e venire a trovare un caro amico, le circostanze della mia visita non possono essere più serie, conviene parlarne dentro”. L’amico notò la gravità e l’urgenza delle parole di Harry, ma c’era qualcos’altro nel suo sguardo, sembrava avesse perso la gioia, come se la felicità in questo momento stava lottando contro qualcosa di oscuro, di antico.
Arrivarono velocemente nell’ufficio del preside, che non era cambiato in tutti questi anni. I ritratti degli ex presidi erano sempre appesi alle pareti, e quando videro Harry molto lo guardarono con aria interrogativa, altri lo salutarono con calore. Uno di questi fu quello in cui lo sguardo di Harry cadde con maggiore insistenza, Albus Silente. Anche da semplice ritratto, il suo vecchio preside notò con piacere aveva sempre la capacità di scrutarlo come nessun altro occhio era mai riuscito a fare.
“Neville, presidi, e lei professore” disse “Harry ti prego, dopo tutti questi anni e dopo tutto quello che hai fatto per me e per il mondo, penso ti sia guadagnato il diritto di chiamarmi Albus”, “va bene Albus, sono venuto qui per annunciarvi una brutta notizia. Fonti molto attendibili ci hanno informato che oggi, nel pomeriggio, dopo uno strano fenomeno, Voldemort sia tornato, risorto in qualche modo”. I presidi lanciarono dei sguardi molto preoccupati, e lo stesso Silente che fino a quel momento aveva un sorriso paterno stampato in faccia, si fece molto serio.
“Ma Harry”, disse Neville “è impossibile, l’abbiamo sconfitto 30 anni fa, come è possibile?”
“Non ne ho la minima idea, ho avuto questa stessa discussione con Hermione, ma è stato Ron uno dei testimoni della vicenda, e quindi possiamo affermare con sicurezza che sa quello che ha visto”.
Silenzio. Dopo certe notizie, forse si ha bisogno di stare soli con se stessi, per cercare un modo per assimilarle, ma Harry ormai era abituato, ed era venuto per un compito specifico..
“Albus, tu sei stato senza dubbio il mago più potente della storia, conosci qualche sorta di incantesimo capace di fare una cosa del genere?” “Come sempre mi lusinghi Harry, dimentichi degli errori che ho commesso nella mia vita e della saggezza che avete dimostrato tu, Hermione, Ron, Neville, e tutti gli altri. Se vuoi comunque un mio parere, non conosco nessun mago che sia scampato alla morte, quello che hai narrato in questo momento è un evento nefasto a cui non so dare spiegazione”.
Per Harry fu un brutto colpo, anche se in parte se l’aspettava; neanche lui, che aveva continuato il suo addestramento come Auror fino ad arrivare ad esserne il capo, non aveva mai sentito di un incantesimo capace di riportare una persona in vita, forse l’unica eccezione era stata la pietra della resurrezione, ma quella riportava indietro solo un ombra, un eco..
“Quello che invece mi sto chiedendo Harry”, disse Silente “è perché tu sia venuto sino a qui, senza dubbio non è soltanto per chiedere il mio parere o per avvisare il preside di Hogwarts”. “immagino abbia capito perché sono qui, sono venuto per chiedere il tuo permesso ad aprire la tua tomba e prendere la bacchetta di sambuco”. Altri sguardi scioccati partirono da tutte le parti, Silente invece rimase impassibile, senza dubbio aveva capito molto tempo prima. “Harry, sai che quella bacchetta è tua, tu sei il legittimo proprietario dei Doni Della Morte, non dovevi chiedere nessun permesso. So per certo che conosci la pericolosità e la forza di quell’oggetto, quindi se hai deciso di usarla, io sono con te”, “grazie, era importante per me sentirmelo dire; Neville, non serve che mi accompagni, conosco la strada, questa cosa la devo fare da solo; ci sentiremo presto, dovremo capire cosa fare della scuola, se non sia più sicuro chiuderla, personalmente vorrei rimanesse aperta, non voglio pensare a tutti quei bambini che non riceveranno la loro lettera per colpa nostra, ma dovremo valutare la situazione”, “certo, intanto farò aumentare le difese del castello, per loro non sarà facile entrare in ogni caso, a presto”.
Harry lasciò la stanza, gettò un incantesimo di disillusione su di se, e, come Silente e Voldemort prima di lui, diventò completamente invisibile, gli ci era voluto molto tempo a perfezionare quella tecnica che gli si era rivelata molto utile nel corso della sua carriera, anche se preferiva usare il suo mantello ogni qual volta che poteva.
Arrivò alla tomba del suo amato preside. I ricordi di quel giorno, quando aveva assistito al suo funerale riaffiorarono potenti, di come si sentiva strano, di come non capiva cosa stava dicendo il mago che celebrava il rito, di come gli sembrava diversa la descrizione che stava facendo di Silente, di come lui lo ricordava, allegro e pronto sempre al dialogo.
Prese la bacchetta e per un attimo esitò, stava facendo esattamente quello che Voldemort aveva fatto anni fa, e per lo stesso motivo per giunta. Barcollò, ma cercò di farsi forza, lui voleva la bacchetta solo per salvare le altre persone, e quello per Silente era l’unico modo per controllarla. Rimase sconvolto dal volto del preside, uguale a come l’aveva conosciuto, il tempo non l’aveva minimamente intaccato; una lacrima si fece largo sul suo volto, ma lui non era lì, come non era in un ritratto, era molto lontano da lui ormai...
Prese la bacchetta, una forza potente passò da essa alla sua mano e si diffuse in tutto il suo corpo, una voglia di combattere, di far vedere il suo potere agli altri. Se lo aspettava, la bacchetta voleva il combattimento, voleva il sangue, avrebbe dovuto conviverci e combatterla, ma nessuno meglio di lui sapeva cosa voleva dire combattere contro un demone che scalpita nel proprio animo...
                                                                                                               Continua....

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